di Bruna Caroli
Consultorio Diocesano “La Famiglia” – Lecce
Cosa stiamo perdendo in questo periodo di isolamento forzato, di “mascheramento”, di mancanza di contatti umani? È qualcosa di inestimabile che danneggia soprattutto i nostri bambini e i nostri ragazzi.
Le capacità relazionali si creano durante la fase dell’infanzia e poi durante l’adolescenza.
Parlo, in particolare, di due mezzi fondamentali nella comunicazione non verbale, e quindi della relazione: il sorriso e l’abbraccio.
Attraverso il sorriso comunichiamo simpatia, vicinanza, empatia, disponibilità all’ascolto e alla comprensione. Il sorriso crea delle risposte emozionali congruenti da parte di chi lo riceve: gioia, fiducia, senso di vicinanza e amicizia. I neuro scienziati ci direbbero che si producono, in quello stesso momento, ormoni del benessere nel cervello. Chi riceve un sorriso, grazie ai “neuroni specchio” (scoperti da uno scienziato italiano: il prof. Rizzolatti), risponde a sua volta con un sorriso. Si instaura immediatamente un contatto foriero di sviluppi positivi.
Anche l’abbraccio crea un senso di benessere. L’abbraccio, soprattutto nei momenti di difficoltà, nei momenti di crisi, rassicura, rasserena la mente e rilassa il corpo: ha un vero e proprio potere terapeutico. Anche in questo caso nel cervello vengono prodotti degli ormoni del benessere, le cosiddette “endorfine”.
Ora, in questo momento, a noi mancano proprio questi due strumenti formidabili nella produzione di emozioni favorevoli allo sviluppo di relazioni costruttive. È vero che in famiglia tutto questo non verrà meno (anzi, se possiamo, abbracciamoci e sorridiamoci di più. Rassicuriamoci!); ma è pur vero che le relazioni col mondo che ci circonda hanno subito una spaventosa diminuzione, una preoccupante caduta in termini di fiducia e senso di amicizia.
L’attenzione di medici, politici, giornalisti è tutta concentrata sulla salute fisica. E questo va bene! Ma spesso si dimentica che l’uomo è un’unità psico-fisica, e che la salute del corpo non può prescindere dalla salute della mente. E allora? Chi, come me, presta servizio in un consultorio familiare non può non registrare l’aumento esponenziale di richieste d’aiuto per sofferenze psichiche dovute a crisi d’ansia e attacchi di panico, oltre che ad aumentati casi di depressione e tentativi di suicidio.
Chi fa informazione dovrebbe chiedersi quanta responsabilità abbia la sua attività nella creazione di situazioni di profondo disagio e paura che, a volte, sfiorano l’angoscia e il terrore.
Mi chiedo quante morti attribuite al Covid siano state, in realtà, causate o facilitate da stati di paura. Basti pensare alle condizioni di isolamento totale in cui un ammalato grave di Covid viene destinato. Non è certo una condizione che rassicuri e contribuisca alla guarigione, tutt’altro! Era ed è proprio necessario quell’isolamento? Naturalmente mi rendo conto di quanto sia difficile se non impossibile rispondere a queste domande.
Nel corso di quest’anno si è venuto a creare uno stato di costante allarme di cui risulta impossibile valutare l’effetto. Tutte le informazioni date dai mass media vertono sul Covid. I discorsi della gente ritornano su quelle informazioni e sulle situazioni locali; lo stato in cui oggi viviamo e che “subiamo”, in un modo o nell’altro ci riporta a “quello”.
A tutto questo si aggiungono le polemiche dei politici che cavalcano la situazione per propri scopi elettorali, manifestando così la propria inadeguatezza davanti alla gravità della situazione!
Insomma, è come se un’atmosfera mefitica ammorbasse tutti i pensieri, tutti gli scenari.
C’è necessità, perciò, di un cambio di prospettiva, di una “purificazione” della comunicazione, di uno sguardo nuovo, di speranza e di positività.
Fare ogni giorno, più volte al giorno, il conto dei morti, se pure può essere un’informazione adeguata alla realtà, deve e può essere accompagnata da uno sguardo costruttivo e di speranza per il futuro.
Di nuovo, mi chiedo, quanto ognuno di noi abbia contribuito con i propri pensieri e aspettative negative a creare questo scenario apocalittico che si profila all’orizzonte. I pensieri, soprattutto se condivisi da più menti, possono creare delle vere e proprie “entità” autonome, capaci di possederci, come afferma Edgar Morin ed insegna Gustave Le Bon.